La forza delle idee gratuite

Siamo abituati ad un modus vivendi secondo cui la forza delle idee è collegata alla pubblicità. Sempre più spesso l’esclamazione “Geniale!” la si sente riferita a chi produce spot attraenti. Un’idea è quindi di valore se, in un qualche modo, funziona per promuovere l’acquisto o la vendita di qualche prodotto commerciale. T. Adorno e M. Horkeimer, pensatori della “Teoria critica della società”, noti a chi li conosce come “i francofortesi”, hanno dato un nome a questo modo balzano di interpretare il valore del pensiero. Lo hanno chiamato “industria culturale“. A loro giudizio, la forma di capitalismo tipica del nostro tempo (la società dei consumi) tende a “fabbricare” consenso sociale, interpretando i prodotti culturali sempre e solo in funzione di una propaganda pubblicitaria. In questo modo la genialità collegata all’esercizio dello spirito critico viene viepiù anestetizzata, se non addirittura annullata.

Ciò che si contrappone all’orientamento utilitarista dell’industria culturale (che tende appunto a pensare il valore di un’idea in funzione del suo potenziale di produzione del consenso sociale e/o del profitto economico) è l’atteggiamento della gratuità. Un contrasto nettissimo. Lo si può constatare spesso a scuola: “Professore, se mi pagassero, studierei più volentieri!”. Risposta telegrafica: “Mio caro, tu sai che lo studio indica un amore gratuito di predilezione verso ciò che si impara?”. Quale sarebbe, dunque, il valore delle idee gratuite? In che cosa consiste la loro forza? Non è così difficile immaginarlo. La gratuità (che non è da confondere con l’ingenua e rozza spontaneità) è il fondamento dell’arte.

La parola “arte” è, però, equivoca. Può indicare l’artigianato, cioè un’attività collegata all’ingegno. Oppure, può indicare la prassi di espressione della propria interiorità che si manifesta esteticamente, con l’uso del genio. L’ingegno e il genio sono come cane e gatto! La sovrapposizione di senso dei due concetti della società dei consumi è totalmente indebita. Il genio collegato all’arte, connesso alla gratuità di espressione di sé, esprime una dimensione umana che con la funzionalità del guadagno non c’entra nulla, anzi le si oppone. La forza del genio, come segnala l’etimologia della parola, è di tipo spirituale: risiede nella passione, nella fantasia, nell’intuizione, nello studio (appunto!), nella dedizione disinteressata rivolta all’espressone di ciò che si sente bello e sublime. Simili disposizioni d’animo risultano a molti oggi incomprensibili nello spazio-tempo dell’industria culturale in cui siamo costretti e in cui è difficilissimo immaginare che qualcosa di bello sia inutile.

Salvo percepire, in alcune occasioni in cui il non-senso della logica del consumo si fa più vivo nell’animo, la nostalgia di quella libertà interiore a cui la brama della fama, del potere e del guadagno economico si oppongono e che conduce a diventare partigiani dell’arte, e, perciò stesso, anti-consumisti in ciò che si pensa e si opera.

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