Vita, morte, guerra

Nel seguente brano antologico, Michel Foucault riflette sul significato del potere applicato al diritto alla vita e a quello della morte, riferiti in particolare al significato della guerra. Un’occasione per riflettere sul tema dal punto di vista di una critica storico-filosofica.

A lungo. uno dei privilegi caratteristici del potere sovrano era stato il diritto di vita e di morte. Probabilmente derivava nella sua forma dalla vecchia patria potestas che dava al padre di famiglia romano il diritto di “disporre” della vita dei suoi figli come di quella degli schiavi; gliel’aveva “data”, poteva togliergliela.

Il diritto di vita e di morte, come è stato formulato dai teorici classici, ne è una forma già considerevolmente attenuata. Fra il sovrano e i suoi sudditi, non si concepisce più che si eserciti in modo assoluto ed incondizionato, ma solo nei casi in cui il sovrano si trova minacciato nella sua stessa esistenza: una specie di diritto di replica. Se è minacciato da nemici esterni che vogliono rovesciarlo o contestare i suoi diritti, allora può legittimamente fare la guerra e chiedere ai suoi sudditi di prendere parte alla difesa dello Stato; senza “proporsi direttamente la loro morte” gli è lecito “esporre la loro vita”: in questo senso, esercita su di essi un diritto “indiretto” di vita e di morte. Ma se uno di essi si solleva contro di lui ed infrange le sue leggi, allora può esercitare sulla sua vita un potere diretto: a titolo di punizione, lo ucciderà. Così inteso, il diritto di vita e di morte non è più un privilegio assoluto: è condizionato dalla difesa del sovrano e dalla sua sopravvivenza. […]

Il diritto che si formula come “di vita o di morte” è nei fatti il diritto di far morire o di lasciar vivere. Dopo tutto era simbolizzato dalla spada. E forse bisogna ricollegare questa forma giuridica ad un tipo storico di società in cui il potere si esercitava essenzialmente come istanza di prelievo, meccanismo di sottrazione, diritto di appropriarsi di una parte delle ricchezze, estorsione di prodotti, di beni, di servizi, di lavoro e di sangue, imposti ai sudditi. Il potere era innanzitutto diritto di prendere: sulle cose, il tempo, i corpi ed infine la vita; fino a culminare nel privilegio d’impadronirsene per sopprimerla.

L’Occidente ha conosciuto a partire dall’età classica una trasformazione molto profonda di questi meccanismi di potere. Il “prelievo” tende a non essere più la forma principale, ma solo un elemento fra altri che hanno funzione d’incitazione, di rafforzamento, di controllo, di sorveglianza, di maggiorazione e di organizzazione delle forze che sottomette: un potere destinato a produrre delle forze, a farle crescere e a ordinarle piuttosto che bloccarle, a piegarle o a distruggerle. Il diritto di morte tenderà da questo momento in poi a spostarsi, o almeno ad appoggiarsi sulle esigenze di un potere che gestisce la vita e a finalizzarsi a ciò che queste domandano. Questa morte, che si fondava sul diritto del sovrano di difendersi o di chiedere che lo si difenda, apparirà come l’altra faccia del diritto che ha il corpo sociale di assicurare la sua vita, di mantenerla o di svilupparla. Mai le guerre sono state tuttavia più sanguinose che dal XIX secolo in poi e, anche fatte le debite proporzioni, mai i regni avevano praticato fino a quel momento sulle loro popolazioni simili olocausti. […]

Le guerre non si fanno più in nome del sovrano che bisogna difendere; si fanno in nome dell’esistenza di tutti; si spingono intere popolazioni ad uccidersi reciprocamente in nome della loro necessità di vivere. I massacri sono diventati vitali. Come gestori della vita e della sopravvivenza, dei corpi e della razza, tanti regimi hanno potuto condurre tante guerre, facendo uccidere tanti uomini. E attraverso un capovolgimento che permette di chiudere il cerchio, più la tecnologia delle guerre le ha fatte volgere alla distruzione esaustiva, più nei fatti la decisione che le apre e quella che le chiude si subordinano ad una pura questione di sopravvivenza.

La situazione atomica di oggi è il punto di arrivo di questo processo: il potere di esporre una popolazione ad una morte generale è l’altra faccia del potere di garantire ad un’altra il suo mantenimento nell’esistenza.

(Brano tratto da M. Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli).

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