Modi di pensare

Di Luciano Pace.

A partire dal 18 di ottobre prossimo ricomincerà la Scuola di Filosofia della Valle Sabbia. Si tratta di un’iniziativa di sensibilizzazione culturale iniziata undici anni fa grazie al supporto delle Parrocchie ed il patrocinio delle Amministrazioni Comunali della “Conca d’Oro”. Da quest’anno il materiale di riflessione filosofica elaborato per condurre questa Scuola verrà ospitato anche all’interno del presente blog.

Il tema scelto per gli incontri di quest’anno è “Modi di pensare“. L’obiettivo ambizioso che anima la proposta è quello di condurre i partecipanti a riflettere e a discutere insieme intorno a otto diverse modalità di impostare il significato del conoscere umano in rapporto alla realtà e alla verità. Le domande da cui muove l’indagine di questi otto diversi modi di pensare sono le seguenti:

  • Esiste o meno una realtà che possa essere considerata indipendente dal pensiero umano?
  • Il pensiero umano, nel rapportarsi con la realtà, la coglie oggettivamente oppure no?
  • A quali condizioni il rapportarsi del pensiero umano e della realtà può esser considerato vero?
  • Quali conseguenze teologiche sono implicate in un determinato modo di pensare il rapporto fra pensiero umano e realtà?

In forza di simili interrogativi e delle risposte ad essi fornite, si configurerà un determinato modo di pensare filosoficamente. Il primo e più spontaneo di questi modi di pensare, quello che potrebbe essere tipico del cosiddetto “uomo comune” o “uomo della strada” (come si usa dire nella scuola filosofica in cui sono stato educato a pensare) e quello dal quale tutti gli altri sorgono per distinzione, è il realismo. Secondo tale modo di pensare esiste una realtà indipendente dal pensiero umano che può essere ad esso presente nella sua oggettività in quanto ci può essere concordanza fra i due. Questa prospettiva di pensiero è tipica dello spiritualismo cattolico e fa riferimento in particolare alle filosofie di Aristotele e di san Tommaso d’Aquino.

A partire da essa si possono poi derivare per distinzione/contrasto tutti gli altri modi di pensare, a seconda di quando si dia o meno rilevanza all’indipendenza della realtà dal pensiero umano e alla possibilità del pensiero di cogliere oggettivamente o meno la realtà in se stessa. Se si ritiene, per esempio, che l’indipendenza della realtà dal pensiero umano sia totale, cioè che il reale sia sostanzialmente un’altra cosa dal pensiero, ma che la ragione umana, certa e sicura solo di se stessa, riesca comunque a corrispondervi miracolosamente in piena e perfetta verità, allora in questo caso ci si ritrova nel razionalismo tipico di filosofi come Cartesio e Leibniz. Secondo il razionalismo, Dio serve solo a far funzionare, in qualità di garante, la postulata armonia fra ragione umana e realtà naturale. Posizione che, per certi versi, diventerà tipica del deismo illuminista.

In opposizione al razionalismo, che assegna troppa fiducia alle forze della ragione umana e a Dio, l’empirismo riconosce l’indipendenza fondamentale della realtà dal pensiero umano, ma ritiene che l’adeguato contatto fra i due dipenda dalla sensibilità. Sono i sensi, non il pensiero, ciò che mette l’uomo in contatto con il reale secondo l’empirista. Il pensiero umano non è altro che un insieme di impressioni e di idee sbiadite delle cose formatesi per abitudine: una sorta di “escrescenza” della sensibilità che non ha una sua propria consistenza. Appartengono al modo di pensare empirista i filosofi Locke e Hume. In prospettiva teologica, l’empirismo conduce a non aver bisogno del Dio dei razionalisti e quindi all’ateismo teorico.

L’opposizione fra il razionalismo, che sostiene la perfetta (seppur magica) corrispondenza fra ragione e realtà indipendente, e l’empirismo che nega alla ragione tale privilegio in favore della sensibilità, viene cautelata nel modo di pensare positivista. Per i positivisti sono le scienze della natura a garantire l’adeguato contatto fra il pensiero e la realtà. Esse, infatti, si avvalgono sia dei sensi sia della ragione per giungere a mostrare in che senso ci sia vera ed oggettiva corrispondenza fra un particolare dato di realtà e un’ipotesi scientifica. Di conseguenza, solo il modo di pensare scientifico garantisce di cogliere la realtà nella sua oggettività, senza bisogno del Dio dei razionalisti, né della diffidenza verso il pensiero umano degli empiristi. L’esito teologico a cui giunge lo scientismo positivista è la divinizzazione della scienza come unica garante della verità. L’origine filosofica del positivismo si situa nel pensiero di Francesco Bacone, sebbene il suo più illustre esponente sia stato August Comte.

Sviluppo concettuale della logico positivista è il pragmatismo. Infatti, se, come sostiene il positivista, sono solo le scienze che ci garantiscono di far ben concordare il pensiero con la realtà; e se le scienze cercano di spiegare come funziona di volta in volta questo contatto, allora significa che il pensiero stesso è una modalità di funzionare della realtà, un modo di mostrarsi dell’operare di ciò che esiste. Comprendendo come funzionano le cose, si comprende la verità del rapporto pensiero-realtà. In particolare, il pensiero umano non è altro che l’effetto del funzionamento complessivo del cervello umano: non esiste scollegato da tale funzionamento. Se è così, quindi, non esiste alcuna indipendenza del pensiero dalla realtà materiale, in questo caso chimica e biologica. Il materialismo operazionale pragmatista, tipico del filosofo William James (nonostante l’iniziatore del pragmatismo sia storicamente Charles Pierce) nega qualsiasi sostanza spirituale del reale e, perciò, dal punto di vista teologico, Dio, e le religioni ad esso collegate, non sono altro che proiezioni immaginative della mente-cervello umana.

Il razionalismo prevedeva una totale indipendenza della realtà dal pensiero. Il pragmatismo, all’opposto, giunge a ridurre il pensiero umano a propaggine materiale di quella realtà che è il cervello. Di fronte a questa alternativa, il criticismo, posizione assunta dal filosofo Immanuel Kant, tenta una mediazione. Infatti, non è necessario giungere a pensare che il pensiero umano non abbia alcuna consistenza solo perché l’origine di ogni conoscenza si trova nelle intuizioni sensibili. È sufficiente indicarne i limiti di legittima operatività dei sensi e dell’intelletto ed immaginare che il contatto fra il pensiero e la realtà non sia oggettivo e diretto come pretendono realisti e razionalisti, ma mediato da una rappresentazione categorizzata. Questa rappresentazione si chiama fenomeno. Ciò che il pensiero può conoscere è, quindi, solo la rappresentazione della realtà e non la realtà in se stessa che, rimane pensabile (perciò prende il nome di noumeno), ma non conoscibile. Dal punto di vista teologico, il criticismo conduce all’agnosticismo filosofico, ovvero a credere di non poter conoscere nulla di Dio per via teoretica. Dio dovrà essere al massimo postulato esistente per esigenze etiche, ma mai realmente conosciuto dalla ragione umana.

Di fronte alla prospettiva kantiana, l’idealismo porta a termine il lavoro, per dir così. Fichte, Schelling ed Hegel, considerando il criticismo kantiano, ritengono superfluo continuare a postulare che esista una realtà indipendente dal pensiero umano. Tutto e solo ciò che l’uomo può pensare è ciò che è pensabile e pensato da esso. Non esiste alcuna realtà indipendente “fuori” dal pensiero umano. Il pensiero conosce ciò che esso stesso produce come sua adeguata rappresentazione. Non esiste null’altro. Il che significa: il pensiero umano conosce solo se stesso! Siamo agli antipodi del pragmatismo: là la realtà indipendente e materiale annullava l’autonomia del pensiero umano; qui il pensiero umano annulla l’indipendenza della realtà. Se nulla esiste se non ciò che è pensato, teologicamente è la realtà stessa, ovvero il pensiero, ad essere divina. Il monismo panteista è la posizione teologica corrispondente all’idealismo. Come si può notare, c’è anche qui una divinizzazione del pensiero umano, ma per ragioni molto diverse da quelle immaginate dal positivismo.

Infine, se nel porre in relazione il pensiero umano e la realtà ad esso indipendente si dovesse tener conto non solo dei sensi, dell’intelletto e della ragione (come è comune a tutte le posizioni precedenti), ma anche e soprattutto dell’esistenza umana nel suo complesso, ed in particolare della consapevolezza del suo scorrere nel tempo e nella dimensione della progettualità, potremmo meglio rivelare la verità di questo rapporto. Questa è esattamente l’ambizione speculativa di Martin Heidegger e del suo esistenzialismo. L’uomo è gettato in una realtà indipendente da lui con cui può entrare in contatto sia in forma autentica, sia in forma inautentica. Comprendere in che modo vivere autenticamente è lo scopo del filosofare. L’esistenzialismo, coerentemente condotto nella prospettiva di Heidegger, giunge ad un esito teologico tragico: la disperazione della salvezza dell’anima pensante.

Ogni modo di pensare qui illustrato brevemente, e presentato sotto forma di “tesi” da argomentare ulteriormente, sarà oggetto di riflessione più attenta in ciascun incontro della Scuola di Filosofia. Augurandomi di essere stato sufficientemente chiaro nell’illustrazione, facendo cogliere al contempo la complessità delle prospettive in gioco, spero di aver comunicato almeno il senso complessivo del percorso che verrà svolto a partire dal 18 di ottobre.

Un ringraziamento particolare rivolgo al Responsabile Diocesano per l’IRC, prof. Giovanni Ghidinelli, per aver riconosciuto il valore formativo della nostra Scuola ai fini della formazione degli insegnanti di Religione Cattolica della Diocesi di Brescia. Un grazie speciale rivolgo anche al Sindaco di Bione, Franco Zanotti, e a tutta l’Amministrazione Comunale, per la messa a disposizione gratuita della Biblioteca civica. Altrettanto riconoscente sono all’Associazione Culturale “Biucultura”, in special modo nella persona del suo Presidente, dott. Fabio Gafforini, per il sostegno nel patrocinare l’iniziativa.

E poi grazie dal profondo del cuore a tutti voi che in questi anni vi siete affezionati alla Scuola di Filosofia e l’avete frequentata, chi più chi meno assiduamente. Un pensiero più diretto va al nostro caro amico dott. Sergio Piccerillo, che, dallo scorso anno, si è impegnato più da vicino a darmi una mano sia nell’organizzazione sia nello svolgimento degli incontri. Attualmente siamo in un centinaio di persone. Sono davvero onorato della stima, della fiducia e dell’amicizia che mi avete concesso. Speriamo possa essere ben ripagata anche quest’anno.

2 pensieri riguardo “Modi di pensare

  1. Ele ha detto:

    Grazie per questo approfondimento che ho letto con piacere! A presto 👋

  2. Luciano Pace ha detto:

    Grazie a te. A presto.

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