Intendere il sentire

Di Luciano Pace.

Propongo di seguito una sintesi ragionata di un incontro di formazione tenuto in settimana alle colleghe e ai colleghi insegnanti di Religione Cattolica della Diocesi di Piazza Armerina. L’incontro si è tenuto all’interno della seconda parte di un Convegno a cui ho avuto il piacere e l’onore di partecipare (clicca qui), promosso dal Direttore dell’Ufficio Diocesano dell’IRC della Diocesi di Piazza Armerina, mons. Ettore Bartolotta, e dal suo Vicedirettore don Luigi Bocchieri.

Siamo così immersi nei mondi virtuali, esplorabili tramite i new media, da non riuscire più a distinguere l’esistere dal funzionare. I due concetti stanno diventando sinonimi: una cosa esiste se svolge una o più funzioni operative. Eppure, anche intuitivamente, non ci è difficile immaginare che la rottura di un circuito di un Pc, a cui segue il suo crash, non è analogabile all’infarto prima della morte. Anche un semplice mal di pancia dovuto ad un virus non può essere paragonato, in termini di esistenza, ad un trojan horse informatico. E dove sta la differenza, visto che, in un certo senso, in entrambi i casi qualcosa smette realmente di funzionare? La differenza è in ciò che si sente.

Quando ho un mal di stomaco forte, sento che tutto il mio corpo soffre e manifesto la realtà del mio soffrire con smorfie, lamenti, lacrime, contorsioni di vario tipo, ecc. Quando un virus informatico infetta l’IA di un Pc, quale sofferenza mostra di patire tale intelligenza? Nessuna. Smette solo di funzionare a dovere. Un altro esempio ancora. Qualsiasi quesito informativo si rivolga all’IA, è probabile che ne fornisca una risposta esatta in termini contenutistici e sintatticamente corretti. Ma se ci si concentra sul modo in cui una risposta è data, ci si accorge che è sempre garbata: non c’è alcun quesito che infastidisca l’IA. Al contrario, per quale ragione, quando qualcuno ci insulta, facciamo fatica a mantenerci clami e pacati? Anche in questo caso la risposta è sempre la stessa: perché sentiamo fastidio a seguito dell’insulto, provando, per esempio, rabbia.

Gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Tuttavia ciò che conta è constatare che esistere, nel senso di essere vivi, significa anzitutto sentire qualcosa a contatto con l’ambiente in cui viviamo. Ogni essere vivente (vegetale, animale o umano) è in un qualche modo in autonoma simbiosi con l’ambiente in cui esiste: sente, percepisce e risponde alla maniera che gli compete agli stimoli ambientali. Dalla respirazione cellulare, su su fino alla poesia, ogni atto di chi esiste esprime un sentire. Anche la Filosofia, ovvero l’esercizio critico della riflessione razionale, esprime un sentire: l’amore verso la sapienza. È un sentire dell’intelletto molto particolare perché è “filia“, ovvero amicizia: amore disinteressato e gratuito. Non per nulla non è stata chiamata “erosofia“, cioè amore possessivo e geloso della sapienza: la filosofia esprime un sentore vitale connesso all’anima razionale.

Questa prospettiva, secondo cui l’esistenza viva e vitale è segnata dal sentire, emerge anche da due racconti connessi all’IA di Isaac Asimov. 1. Il primo è la sua serie di saggi intitolati “Io robot“, da cui è stato tratto anche l’omonimo film con protagonista Will Smith (2004). Ciò che rende il robot Sonny simile agli umani è la sua capacità di sentire, connessa ad una sorta di cuore positronico, di cui è dotato oltre al cervello. Diversamente dagli altri robot che sono automi programmati solo per eseguire ordini e fare calcoli, Sonny sente e prova emozioni: non è più un automa, ma sente in autonomia. Al suo sentire è connessa la sua libertà di pensare, di decidere, di agire (non di nutrirsi, però).

2. Il secondo racconto si intitola “L’uomo del bicentenario” (1976) da cui è stato tratto il film “L’uomo bicentenario” (1999), con protagonista il compianto Robin Williams. Anche in questo caso, emerge nella storia il percorso del robot Andrew per diventare umano ed acquisire la sua autonomia, compresa quella di accettare di morire. In questo percorso di conquista dell’autonomia, ciò che fa la differenza è che il robot deve imparare a sentire. Non a caso, la prima modifica che Andrew chiede per poter cominciare ad essere più umano è… avere un volto più espressivo, che possa comunicare l’abbozzo delle emozioni che prova in relazione a chi ama.

Se si lascia sullo sfondo il loro aspetto fantascientifico, i racconti di Asimov indicano la verità per cui esistere significa sentire, non solo funzionare. La vita, dalle sue espressioni più elementari fino a quelle più complesse, si esprime in quell’insieme di manifestazioni corporeo-spirituali chiamate sentori affettivi o sentimenti. Per quale motivo, i corpi viventi, diversamente da quelli inerti, mostrano di agire sentendo? Per rispondere si può fare riferimento ad Aristotele. Nella sua “Psicologia“, egli aveva segnalato che ciascun essere vivente è animato, cioè dotato di anima.

Attualizzando il pensiero aristotelico, si potrebbe sostenere che l’anima, il principio vitale, è connessa con l’agire autonomo senziente in rapporto simbiotico-comunicativo con il suo ambiente. Essa è forma del corpo vivente, ovvero il suo principio energetico. Ovviamente, ogni essere vivente sperimenta il sentire al modo che gli è proprio: i vegetali sentono solo nutrendosi e accrescendosi (le piante “sentono” quali nutrienti le fanno crescere e quali, invece, le fanno seccare); gli animali sentono anche muovendosi nello spazio attraverso i cinque sensi e la loro intelligenza istintiva; gli umani, oltre che vegetativamente e sensibilmente, sentono in maniera cosciente, in quanto dotati di razionalità, ovvero di intelligenza cognitivo-emotiva. Anima vegetale, anima animale, anima umana. Tre forme di sentire e non solo di funzionare.

Che cos’è quindi l’anima razionale umana? È forma razionale di un corpo senziente, come risponde san Tommaso d’Aquino, cioè espressione dell’agire del pensiero connesso con le sue sensazioni corporee, le emozioni, le passioni. Ebbene, poiché il sentire umano è di tipo razionale, ciò vorrà dire che l’uomo esprimerà la sua esistenza in maniera sempre più piena imparando a conoscere le sue emozioni e imparando a governarle ragionevolmente. Per questo motivo, la trattazione delle passioni fatta dal Dottore Comune nella sua “Somma Teologica” è esposta in forma pedagogico-educativa: il fine della suo argomentare è quello di insegnare in che modo si possano orientare le passioni secondo ragione, cioè secondo virtù. Per san Tommaso, perciò, le passioni umane vanno prima conosciute e poi equilibrate saggiamente.

C’è da notare che il santo Patrono degli insegnanti anticipa quanto poi delineato da Daniel Goleman nel suo testo “Intelligenza emotiva“. Tale forma dell’intelligenza è la capacità di conoscere, di interpretare e di esprimere ragionevolmente le proprie emozioni. Secondo Goleman, infatti, non si tratta solo di provare sentimenti, emozioni, passioni. È necessario imparare a diventare competenti nell’esprimere. La competenza emotiva è sviluppo dell’intelligenza emotiva: sia nel senso di identificazione di ciò che si prova emotivamente, sia nel senso di dominio di ciò che si è in grado di esprimere emotivamente.

Detto tutto questo, allora, il tema del rapporto con l’IA può essere essere affrontato senza troppi timori. Infatti, fintanto che l’IA non godrà dell’autonoma sensibilità nemmeno per nutrirsi, come un semplice vegetale, non ci sono grandi pericoli. A meno che accada prima o poi (e contro ogni probabilità) ciò che è evocato nel primo film della saga di “Matrix” (1999), nel quale si racconta che gli uomini diventano delle batterie per alimentare l’autonomia dell’IA. Fino a quel momento, usiamo con coscienza e attenzione l’IA e sviluppiamola per le nostre professioni, anche nell’insegnamento scolastico, con la sicurezza che, nel caso tutti i Pc subiscano un crash, molti di noi certo sentiranno fastidio, sconforto e preoccupazione. È probabile anche che altri di noi sentano, invece, un senso di liberazione, di sollievo, di contentezza. Perché, appunto, noi umani intendiamo coscientemente ciò che sentiamo.

2 pensieri riguardo “Intendere il sentire

  1. Andrea M. ha detto:

    Caro Luciano,
    è sempre un piacere leggere le tue riflessioni e anche in questo caso il tuo ragionamento non fa una grinza. Non concordo fino in fondo, però, con la tua conclusione: “ Detto tutto questo, allora, il tema del rapporto con l’IA può essere essere affrontato senza troppi timori. Infatti, fintanto che l’IA non godrà dell’autonoma sensibilità nemmeno per nutrirsi, come un semplice vegetale, non ci sono grandi pericoli”.
    Secondo me, in realtà, il più grave pericolo è che l’uso della macchina e/o mondo digitale modifichi noi, soprattutto se non si è consapevoli dei rischi che si corrono.
    Il pensiero di Marshall McLuhan, grande sociologo e grande cattolico, è ancora oggi illuminante, giudizio “antico” corroborato dalla realtà odierna: «I più, inconsapevoli degli effetti pervadenti dei media sull’uomo, non si rendono conto anzitutto che lo stesso medium è il messaggio, non il contenuto, e inoltre ignorano che il medium è il massaggio, si perdoni il bisticcio, poiché esso intride, satura, plasma e trasforma ogni rapporto sensoriale. Il contenuto o messaggio di un qualsiasi medium ha tanta importanza quanta ne ha la stampigliatura sulla cassa d’imballaggio di una bomba atomica» .

    McLuhan aveva intravisto un terribile e ampiamente sottovalutato pericolo che possiamo sintetizzare nelle seguenti citazioni:

    «I mondi dell’informazione elettronica, che sono completamente eterei, nutrono l’illusione del mondo come sostanza spirituale. Ciò è un’imitazione ragionevole del Corpo mistico, un’assordante manifestazione dell’Anticristo. Dopo tutto, il principe di questo mondo è un grande ingegnere elettronico ». [lettera del 1969 a Jacques Maritain].

    «Colui che viaggia al ritmo delle onde magnetiche è in qualche modo ovunque nello stesso momento. […] L’uomo elettronico non ha essenza carnale, è letteralmente disincarnato. Ma un mondo disincarnato come quello nel quale viviamo è una terribile minaccia per la Chiesa incarnata, e i teologi non si sono ancora degnati di gettare uno sguardo su un simile problema». [The Medium and the Light : Reflections on Religion – 1977].

    La prefazione di B.R. Powers al libro “Il villaggio globale” di McLuhan – Powers (1988) è impressionante: «Una macchinazione diabolica? Abbiamo concluso che le tecnologie collegate al video potrebbero produrre una forma di morte psicologica per tutta l’umanità, separandola permanentemente dall’ordine naturale attraverso un auto- coinvolgimento narcisistico».

    Il filosofo cattolico Marcel De Corte, per altre vie, era giunto alle medesime conclusioni: «l’informazione si situa psicologicamente sul piano dell’attività sensoriale, ma invadente al punto da sopprimere l’attività propriamente intellettuale. È in permanenza il contrario di un’educazione della mente, che si effettua con l’analisi e la riunione dell’essenziale. È cancellazione della mente. E anche, come annunciava Péguy, “una cancellazione del creato: l’inizio della cancellazione del creato”» [L’intelligenza in pericolo di morte (1969)].

    I danni già oggi provocati sono enormi come si può vedere dall’ottima trasmissione rai dal significativo titolo di Iperconnessi:
    https://www.raiplay.it/video/2018/10/Presa-Diretta-Iperconnessi-a5d6226e-1fd2-450d-a8e7-ecd622413b20.html
    vedere da -1:48:00 (34:50) / vedere da -1:31:00 (51:18) – INSIDER / vedere da -1:13:00 (1:08:26) ESPERIMENTO SEGRETO DI FB / vedere da -1:04:30 / vedere da -0:47:15 I-GEN E CONOSCENZA E SINTESI / VEDERE DA 1:41:50 VASO PANDORA.

    Ciao

    1. Luciano Pace ha detto:

      Caro Andrea, la mia sintesi riguardava solo l’IA in rapporto all’esistere umanamente. Non credo che si possa assimilare concettualmente del tutto la mia riflessione all’utilizzo dei nuovi media. Detto questo, rispetto a quanto segnali sull’impiego dei nuovi media, ed in particolare al loro impiego nell’istruzione, io sono del parere che vadano integrati con equilibrio pedagogico (che prevede anche parsimonia), rendendoli solo da supporto alle classiche modalità di apprendimento: scrittura a mano, lettura, ascolto in aula, presa d’appunti, esercizi matematici, attività artistiche, ecc. Sono di questo parere proprio perché i rischi da te segnalati sono reali e non vanno certo sottovalutati. Questo stesso blog rappresenta un tentativo in questa direzione di integrazione suppletiva ma non sostitutiva.
      Grazie. Luciano.

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